Costruire per vivere. Posso andare avanti (2019)

 Costruire per vivere. Posso andare avanti.

 Il mondo ci spezza tutti quanti, ma solo alcuni diventano più forti là dove sono stati spezzati”.

                                                                                                                                                               (E. Hemingway)

Nella citazione di Hamingway, si evince l’ineluttabilità della sofferenza della vita che “spezza tutti e”, nello stesso tempo, la possibilità di “non farsi spezzare”.

Di fronte a un lutto, una catastrofe naturale, una separazione,  la scoperta di una malattia, ognuno può reagire in modo diverso.  Nella resilienza, (da re-salio, rimbalzare, saltare indietro, “non essere toccati da qualcosa di negativo”), intesa come la capacità di cambiare forma, adattarsi, di affrontare le avversità della vita, superarle e uscirne rinforzati, trasformati (Grotberg, 1995), si evidenzia la naturale tendenza all’ottimismo, che tutti possono decidere di seguire.

Diversi studi concordano nel considerare la resilienza una costruzione, un processo che si attua grazie all’interazione di un individuo con il suo ambiente di vita, indipendentemente dai modi e dai tempi, specifici per ognuno.

La consapevolezza della capacità di affrontare situazioni terribili, di salvare il salvabile, facendo tesoro di quanto accaduto, con la fiducia che le cose evolveranno in positivo, si rifà all’idea per cui ciascuno ha delle risorse a cui poter attingere, quando lo decide. Spesso, si è abituati a ricordare e a riportare i propri punti deboli o difetti, ma non a riconoscere i propri punti di forza, le proprie risorse.

La responsabilità, intesa come la possibilità di scegliere e rispondere alle diverse situazioni, con tutti i rischi che questo può comportare, si contrappone al vittimismo, alla passività, con cui, talvolta, si reagisce all’incomprensibile sofferenza umana.

La possibilità di viversi come protagonisti attivi nell’affrontare le difficoltà, nel raggiungere le mete desiderate, la possibilità  di mantenere la passione per la vita, può essere correlata, in linea con quanto scritto, al concetto di resilienza.

Diventare consapevoli delle proprie risorse, utilizzarle autonomamente, andando oltre gli automatismi rigidi e inflessibili al cambiamento, può essere il motore per una vita piena, felice.

Seligman (1993), a questo proposito, individua ventiquattro potenzialità individuali da sviluppare per vivere in maniera soddisfacente e le raggruppa in sei punti: saggezza e conoscenza, coraggio, umanità e amore, giustizia, temperanza e trascendenza.

Per l’autore ciò che rende felici le persone è “l’ottimismo, la creatività, la gioia, la speranza, l’amore”

Concludo con un passo di Yalom[1], sul senso della vita:

Una vita felice è impossibile; il massimo che l’uomo può raggiungere è una vita eroica”

[1] Irvin D. Yalom, “La cura Shpennauer”, 2005, Neri Pozza Editore, Vicenza