Le ferite dell’anima (2019)

Le ferite dell’anima

Riporto questo passo[1], in quanto mi sembra emblematico della cosiddetta profezia che si auto-avvera, situazione in cui l’aspettativa di una delusione fa sì che questa si riproponga, che la ferita vissuta in passato sia tale anche nel presente.

“Pensiamo ad esempio a Valerio, un uomo di 43 anni: vorrebbe riuscire ad avere una relazione sentimentale stabile, ma ci dice che ogni suo tentativo di costruire qualcosa con una persona è vano. Samantha, la sua ultima compagna, ha appena lasciato Valerio perché a suo avviso troppo inconcludente per essere un uomo di 43 anni. Valerio si lamenta per il fatto che nessuna donna è mai riuscita a capirlo e ad amarlo per quello che è. Ormai è convinto che non ci siano più speranze per lui e che l’unica strada percorribile sia quella della solitudine. Seguendo ciò che sappiamo della neurobiologia, ovvero che le esperienze passate influenzano e determinano quelle attuali, cosa è successo nella vita di Valerio, dagli 0 ai 43 anni, tale da rendergli impossibile costruire una relazione affettiva stabile? Dove ha imparato che lui non è degno di amore? Quando Valerio aveva 3 anni è nata sua sorella. Alla scuola materna una volta un bambino gli aveva rubato il suo gioco preferito. Al rientro a casa, Valerio in lacrime si è rivolto alla mamma, raccontandole l’accaduto. La mamma però doveva allattare la sorella. Gli disse di guardare un cartone animato e che ne avrebbero parlato dopo. Non ne hanno più parlato. Così inizia a pensare: Io non sono degno d’amore. A nove anni Valerio prende una cotta per Marisa, una sua compagna di classe. Dopo qualche mese di fidanzamento, vede Marisa alla ricreazione mano nella mano con Andrea. Si riaffaccia il pensiero Io non sono degno d’amore. Alle superiori due ragazzi della sua compagnia gli hanno dato dello sfigato davanti a tutti. La sua ragazza, presente, non gli dice nulla e fa finta di niente: Io non sono degno d’amore. A 26 anni, dopo mesi di titubanza, chiede ad una sua collega di uscire a cena insieme, ma lei rifiuta dicendogli che lo vede solo come un collega di lavoro: Io non sono degno d’amore. A 37 anni i genitori di Valerio si dimenticano di fargli gli auguri di compleanno. Pensa a questo punto in modo automatico: Io non sono degno d’amore. Con buone probabilità, anche domani Valerio avrà paura di rimettersi in gioco sentimentalmente. Non dandosi la possibilità di vivere esperienze nuove e magari positive andrà a rinforzare la convinzione che, in ogni caso: Io non sono degno d’amore”.

Sulle relazioni attuali di Valerio, è evidente il condizionamento delle esperienze  di delusione vissute in passato, di quanto sia difficile per lui cambiare quello che conosce molto bene, di quanto sia difficile rivedere la convinzione di non essere degno d’amore, di quanto sia difficile, per Valerio, ri-decidere per un nuovo modo di stare in relazione.

La relazione terapeutica, insieme alla consapevolezza di quello che è stato e dei profondi desideri futuri, può aiutare il paziente ad assumersi la responsabilità del cambiamento nel presente.

Se la porta rimane chiusa, la luce non potrà mai entrare..

[1] “Traumi psicologici, ferite dell’anima”, I. Fernandez, G. Maslovaric, M. Veniero Galvagni, 2011, Liguori Editori, Napoli,

pp. 13-14.