La vergogna in Gestalt (2016)

La vergogna in Gestalt

La re-pressione della es-pressione 

 

Il mio interesse per il tema della vergogna si è alimentato con la partecipazione al workshop La vergogna nella relazione d’aiuto (FISIG 2015),condotto da Carla Valente e Franca Perna (SGT), in cui si è sottolineato l’importanza dello sguardo dell’altro, il mediatore indispensabile fra me e me stesso.

Il riconoscimento di sé di fronte all’altro è un aspetto centrale nella vergogna. La vergogna, come ci fa notare Sartre (1943), presuppone l’essere visti, è vergogna di sé di fronte all’altro.

Tuttavia, uno sguardo non vale l’altro, non dipende solo dall’essere visto, ma anche dall’essere visto da qualcuno che ha una certa opinione…fosse anche lo sguardo immaginario di un osservatore esterno (Williams, 2007).  Lo sguardo immaginario dell’altro è, nel caso della vergogna, espressione dell’esperienza di confine, o meglio di non confine, della confluenza.

La confluenza è un aspetto, secondo gli autori gestaltici di riferimento, che caratterizza il sintomo della vergogna.

Do l’accezione sintomatologica alla vergogna, a partire dalle considerazione di F. Perls (trad. 1992) sullo scotoma, che l’individuo mette in atto, quando reprime la propria espressività. La repressione della propria espressività è il focus della vergogna, così come individuato dall’autore.

“La vergogna, l’imbarazzo, il disagio e la paura limitano le espressioni dell’individuo che si trasformano in repressioni”, scrive Perls (ibidem, pag 214).

Secondo l’autore, le es-pressioni dei bisogni e dei desideri, a causa della vergogna, dell’imbarazzo e del disagio, vengono creativamente trasformate in re-pressioni, ritiro dell’es.

La creatività riflette qui le interruzioni/re-pressioni, proprie del sentimento della vergogna; inibisce l’es, il desiderio, nella misura in cui modifica le emozioni legate a questi.

Nella teoria della Gestalt, il fenomeno della vergogna è spiegato a partire dal concetto di funzioni es- io e interruzioni del contatto, nello specifico, introiezione, retroflessione e confluenza.

Robert G. Lee approfondisce i contributi della terapia della Gestalt sul concetto della vergogna, mostrando,  in un articolo del 1995, come il concetto di introietto di Perls, ovvero l’ingoiare un intero modo di essere nel mondo, che è estraneo all’individuo stesso, fosse, di fatto, una aspetto della vergogna.

Introiezione e identificazione, nella teoria gestaltica, coincidono. “Ogni inibizione e repressione restringe i confini dell’Io…il restringimento dei confini è fatto anche per preservare il tutto. Si sacrificano quelle parti della personalità che potrebbero mettere in pericolo il tutto già accettato” ( Perls, 1942, pag 153). L’autore scrive di restringimento dei confini dell’Io, nel momento in cui questo s’identifica con gli introietti. Tale identificazione, indifferenziazione, caratterizza la confluenza, uno stato di fuori coscienza, di non contatto con la figura.

La tensione tra l’es e l’Io, il desiderio, la spinta, viene risolta con l’identificazione, l’introiezione del desiderio dell’altro. La figura resta nello sfondo.

Desiderare rende sensibili alle caratteristiche del proprio ambiente, a come questo ci accoglie e ci sostiene, ci rende nudi, vulnerabili. Mettersi a nudo davanti all’altro, nel momento in cui lo si desidera, può far sperimentare la propria fragilità.

In questo senso, la vergogna, come ci fa notare Robine (1991), la si vive quando vi è una rottura della confluenza, quando la figura si differenzia dallo sfondo, sotto forma di spinta, quando si passa da uno stato di non-contatto e non-consapevolezza ad uno stato di contatto e consapevolezza; quando affrontiamo la paura della conoscenza  e della perdita della onnipotenza, quando ci mettiamo in una condizione di inter-esse, di essere, stare nel mondo[1].

Thomkins (1963) ha evidenziato come il sentimento della vergogna possa essere un inibitore dell’interesse  e dell’eccitazione, della gioia e del piacere, allo stesso modo in cui il disgusto può fungere da inibitore e regolatore dell’appetito. Disgusto e vergogna, nella letteratura classica e gestaltica, sono prototipo della formazione reattiva di fronte ad un interesse eccessivo.

Perls (1942) parla, a riguardo, di frigidità orale. La repressione del disgusto e della paura è un esempio di resistenza contro la resistenza, la repressione della non-accettazione; della non-accettazione della separazione da qualcosa, che è diventato parte di chi non vuole vedere.

La non accettazione della separazione, si serve, nella teoria della Gestalt, del meccanismo di difesa della confluenza, attivato nella prima fase del ciclo di contatto, in continuo divenire, se non viene interrotto dall’utilizzo di meccanismi di difesa.

Il ciclo di contatto, contatto tra la persona e l’ambiente, è un fondamento della teoria della Gestalt ed è razionalmente schematizzato in stadi.

C’è la fase del pre-contatto,  che è la fase della sensazione, la sensazione della percezione del bisogno; la fase del contatto, in cui la persona, definito il suo bisogno, si attiva, si energizza, per pervenire al suo soddisfacimento; la fase del contatto pieno, che è il momento dell’azione; e la fase del post-contatto, in cui la persona digerisce, metabolizza, l’esperienza di cui si è cibato.

La confluenza, meccanismo di difesa  attivato nella fase del pre-contatto, una fase estremamente primitiva, collegabile alla fase neonatale, in cui la realtà è conosciuta solo attraverso i sensi e le emozioni più primitive, indica l’indifferenziazione tra sé e l’altro.

L’interesse risentirebbe di tale in-differenziazione, della fissazione arcaica difensiva e confluente, dell’influenzante introiezione di un’altra persona, del non-riconoscimento della propria es-pressività, del diniego.

“L’interesse sostiene ciò che è necessario  alla vita e insieme ciò che è possibile in virtù dei legami con dei sotto-sistemi che, essi stessi, si estendono, dalle questioni di trasporto dell’energia dentro e fuori dal corpo alle questioni delle caratteristiche dei sistemi formali come la Logica o la Matematica. L’essere umano si occupa di molte cose e può farlo in quanto l’affetto generale interesse è collegato strutturalmente a vari apparati,  che attivano l’affetto in modi diversi e appropriati ai bisogni specifici di ogni sotto-sistema” (Thomkins, ibidem, citato da Nathanson, 1987).  Nella confluenza non ci sono  i sottosistemi, non c’è inter-esse.

Aggiunge Nathanson, “l’interesse è un affetto che esige un modulatore, così come la fame ha bisogno delle sentinelle del gusto e dell’odorato”.

La vergogna rivestirebbe tale ruolo, di modulatore,  di fronte all’interesse-eccitazione, così come di fronte alla gioia e al piacere.  L’interruzione dell’eccitazione si ha con l’introiezione. “Quando si prova vergogna c’è sempre qualcuno che ci fa vergognare e che ci lascia soli con il nostro introietto, Dovresti vergognarti!” (J.M. Robine, 1977, tr.it 2006, pag 90).

In questo senso, la vergogna fungerebbe da modulatore: l’introietto è il nemico con cui il vissuto di vergogna deve patteggiare.

A questo proposito, Perls  indica la vergogna e l’imbarazzo come i Quisling[2] dell’organismo. Anzichè aiutare il buon funzionamento dell’organismo, essi lo ostacolano e lo bloccano.. I Quisling si identificano con il nemico e non con il loro popolo: la vergogna, l’imbarazzo, il disagio e la paura restringono le espressioni dell’individuo, che si trasformano in rimozione.

Nella teoria della Gestalt, l’introiezione che, come scritto, è una forma di interruzione  del contatto organismo-ambiente, interruzione dell’eccitazione, concerne l’adozione del desiderio, bisogno, appetito dell’altro, in sostituzione del proprio. Il desiderio viene snaturato della sua singolarità, una singolarità che, d’altro canto, esce fuori dal controllo onnipotente dell’ Io.

Tale evitamento  è preventivo alla rottura della confluenza: la vergogna rivela un pericolo legato alla differenziazione nel campo fra la coscienza di sé e la critica proiettata. Con la confluenza, senza differenziar-si, si resta in uno stato di non coscienza, di negazione, di non-contatto

Perls e Goodman (1951) scrivono, a riguardo, “Il contatto sano implica la coscienza (il processo percettivo figura/sfondo) e l’eccitazione (l’aumento di mobilizzazione dell’energia). Al contrario, il blocco necessita la messa in atto di un lavoro effettivo  per impedire il contatto. Il lavoro consiste precisamente nel manipolare il proprio orientamento (cioè limitare o deformare le funzioni recettive), in modo che il processo figura/sfondo non si formi e, anziché due diversi parti del campo, ciò che sarebbe sfondo e ciò che sarebbe figura scorrono insieme senza possibilità di distinguerli. In altre parole si ha la confluenza”. La vergogna esperita, espressa, vissuta, quale fenomeno di campo, sta alla figura come l’appartenenza sta allo sfondo. La confluenza si rompe.

Un altro interessante aspetto della vergogna è quello della ripetitività, riguardo alle prime esperienze di vita, alle prime esperienze del bambino con i caregivers.

Perls utilizza, a questo proposito,  il concetto di copione di vita (1967, 1973). Il copione di vita è fatto di introiezioni e reazioni difensive prodotte sotto la pressione del fallire relazioni di pieno contatto e supportanti. Il bisogno di contatto e la collegata sensazione di perdita del rapporto vengono negati e soppressi. Queste credenze del copione funzionano come difesa contro la consapevolezza dei sentimenti e dei bisogni di contatto nella relazione.

Dal punto di vista della teoria del copione di vita, così come affrontata da Perls, il sentimento di vergogna è costituito dalla convinzione-copione qualcosa non va in me, che serve da difesa cognitiva contro la consapevolezza del bisogno di relazione. L’introietto è, pertanto, la soluzione alla mancanza di pieno contatto tra il bambino e le prime figure di accudimento. La confluenza con l’introietto può alimentare  tale mancanza,  anche nelle  relazioni diadiche successive.

La funzione dell’introiezione è quella di ridurre il conflitto esterno tra il bambino e la persona da cui il bambino dipende per il soddisfacimento dei suoi bisogni. L’altro significativo è reso parte di sé e il conflitto derivante dalla mancanza di soddisfacimento dei bisogni viene interiorizzato, così che il conflitto possa apparentemente essere gestito più facilmente. L’altro introiettato può essere attivo nelle transazioni con gli altri, influenzante intrapsichicamente (perturbazione della funzione es del sé)  (L. Perls, 1977, 1978).

Scrive F. Perls (1942), a questo proposito: “Per giudicare la facilità con cui si commettono certi errori fondamentali, possiamo citare qui la legge formulata dallo psicoanalista W. Stekel, il quale sostiene che un nevrotico esperimenta sensazioni invece che emozioni, per esempio, sente il viso arrossire, anzichè provare vergogna..il nevrotico non esperimenta sensazioni invece che emozioni, se non a spese della coscienza della componente emotiva e perfino a spese della sua esclusione; avendo in parte perduto la sensazione di se stesso (la consapevolezza senso-motoria), vive in una situazione incompleta-uno scotoma (o punto cieco) della manifestazione psicologica dell’emozione”. Le difese utilizzate per difendersi dall’emozione della vergogna sono, in linea con la citazione, espressione di un modo di funzionare nevrotico. La esclusione della coscienza dalla componente emotiva, la incompletezza, la perdita della sensazione di sé stesso, sostengono l’evitamento del contatto, il ritiro, che a sua volta sostiene l’emozione della vergogna.

  1. Perls sostiene che l’evitamento, impedimento al ritorno all’equilibrio organismico, è un fattore generale, che si può trovare in ogni meccanismo nevrotico. La riconquista della consapevolezza coincide, secondo l’autore, con la demolizione di un grande numero di evitamenti.

La vergogna, sulla base dei contributi riportati, è l’emozione dell’auto-consapevolezza; la vergogna che, sottolineo, è diversa dal vissuto di vergogna che, d’altra parte, corrisponde all’ evitamento nevrotico.

La consapevolezza indica, pertanto, la differenziazione, il riconoscimento dei propri desideri e bisogni e il riconoscimento dei desideri e bisogni dell’altro.  “Quando viene a crearsi un confine, esso è sentito insieme come contatto e come isolamento. Ma quando c’è confluenza e non confine, non esiste di solito è contatto né isolamento…Il confine tra due fattorie è formato da una staccionata. Questa staccionata indica il contatto tra le due fattorie, ma al tempo stesso le isola una dall’altra. All’epoca dei nomadi non c’erano confini, c’era confluenza….Ci sarebbe confluenza anche se un coltivatore desiderasse la fattoria del suo vicino e la incorporasse nella sua proprietà” (Perls, 1942, tr.it.1995, pag 155-156).

L’emozione della vergogna implica un assenza di confini, una indifferenziazione, un mancato riconoscimento di sé e dell’altro. Questo, rispetto al discorso sull’introiezione, sull’identificazione e sulla confluenza, indica un indebolimento delle funzioni dell’Io. “Identificandosi esclusivamente con le richieste dell’ambiente, introiettando ideologie e tratti del carattere, l’Io perde il suo potere elastico di identificazione” (ibidem, pag 156).

Nel riconoscimento, che tale elasticità permetterebbe, è centrale il ruolo del corpo e delle prime relazioni diadiche dell’individuo. Perls, Hefferline e Goodmann (1951) sostengono, a riguardo, il passaggio dal fisiologico allo psicologico che il contatto consente. Nessuna emozione, come collera, tristezza, vergogna, ha luogo senza che entrino in gioco i suoi componenti fisiologici e psicologici. Quando l’esperienza corporea non viene  accolta, viene disprezzata, derisa o colpevolizzata, essa non può trasformarsi e rimarrà a livello del corpo, non avviene il passaggio dal fisiologico allo psicologico, il corpo non riconosciuto non viene vissuto. Ci si deve coprire per non sentire quel rifiuto, quel disprezzo, per non sentire il desiderio del contatto. Tali aspetti, in linea con l’evitamento nevrotico, restano scomotizzati.

Margherita Spagnuolo Lobb (1994) ci fa notare come le isole cosiddette intersoggettive  (Stern, 2004; Beebe e Lachmann, 2002), tra bambino e caregivers, costituiscono i luoghi primari in cui si forma il sè-in- contatto, il modo di essere-con. Queste capacità intersoggettive costituiscono, per il bambino, il ground dell’esperienza dell’intimità, su cui poggia il senso di sicurezza personale e la flessibilità nell’accettare la novità, l’adattamento creativo all’ambiente (Perls et al., 1951).Il corpo è il principale mezzo di scambio nelle prime relazioni dinamiche, è il primo mezzo attraverso cui il bambino entra in contatto con quello che c’è fuori; il corpo riconosciuto determina l’insediamento della psiche nel soma, che la differenziazione presuppone.

 

Bibliografia

 

Lee R. G (1994), Couples’ Shame: The Unaddresses Issue, in G. Wheeler, S. Backman (a cura di) On Intimate Ground: A Gestalt Approch to Working with Couples. Jossey-Bass. San Francisco, pp. 262-290

Lee R.G. (2004), Working with Couples: Application of Gestalt Values of Connection, in R. G. Lee (a cura di), The Values of Connection :A Relational Approach to Ethics, Gestalt Press/The Analytic Press, Hillsdale

Lee R. G. (2013), Il linguaggio segreto dell’intimità. Un modello gestaltico per liberare il potere nascosto nelle relazioni di coppia, M. Spagnuolo (a cura di). Franco Angeli  Editore

Lee R.G., Wheeler G. (a cura di) (1996), The Voice of Shame: Silence and Connection in Psychoterapy. Jossey-Bass, San Francisco

Nathanson D.L. (1987), Shaming Systems in Couples, Families and Institutiones”. In D. L. Nathanson (a cura di), The Many Faces of Shame, Guilford Press, New York, pp. 246-271

Perls F. S. (1942), Ego, Hunger and Aggression: A Revision of Freud Theory and Method, Random House, London, New York, 1969. Tr.it.  L’Io, la fame, l’aggressività. Franco Angeli, Milano,1995

Perls F.S. (1975), Groupe vs Individual Therapy, in J. O. Stevens (a cura di), Gestalt Is, Bantam edition, New York, 1977, pp. 9-15.

Perls, F. S., Hefferline R., Goodmann P. (1951), Teoria e pratica della teoria della Gestalt. Vitalità e accrescimento nella personalità umana.  Astrolabio, Roma, 1997.

Recalcati, M. (2014), La forza del desiderio. Edizioni Quiquajon

Robine, J. M. (1977), Plis et Deplis du Self. Tr. It.  Il rivelarsi del sè nel contatto. Studi di psicoterapia della Gestalt, 2006, Franco Angeli, Milano

Spagnuolo Lobb, (1990), Il sostegno Specifico nelle Interruzioni di Contatto, in Quaderni di Gestalt, 10/11, PP.13-23

Spagnuolo Lobb M. (2011). Il now-for-next in psicoterapia. La psicoterapia della Gestalt raccontata nella società post-moderna. Franco Angeli, Milano

Tomkins, S. S. (1963), Affect, Imagery, and Consciousness: The Negative Affects, vol. 2, Springer, New York.

[1] Robert G.Lee (2004) e Kaufmann fanno una distinzione tra vergogna di fondo /vergogna internalizzata e vergogna esperita. La seconda indica la rottura della confluenza, la prima è legata all’emozione della vergogna , è una vergogna non esperita.

 

[2] Quisiling era un uomo politico norvegese che sollecitò Hitler a occupare la  Norvegia, il che gli permise dopo di proclamarsi primo ministro. Il suo nome è diventato sinonimo di collaboratore.